Il plant parenting cioè il fenomeno che induce molti hobbisti a umanizzare le piante, al punto da considerarle come membri della famiglia a tutti gli effetti, sta aumentando anche in Italia. Lo spiega l’ultima ricerca di mercato condotta da Promogiardinaggio in collaborazione con l’istituto di ricerca Kkienn, frutto di una serie di interviste a oltre 1.600 famiglie italiane appassionate di giardinaggio.

Plant parenting: tra “funzionali” e “umanizzatori”

La ricerca in particolare evidenzia due macro-tendenze ben identificabili. Da un lato ci sono i “coltivatori funzionali” dall’altro gli “umanizzatori”.

I coltivatori funzionali amano le piante in funzione del ruolo che svolgono. Che siano piante da orto, da frutto oppure da arredamento, considerano le piante utili per lo scopo a cui sono destinate. Della coltivazione apprezzano anche il mondo di svago e di auto-miglioramento. Rientrano in questa categoria anche gli hobbisti che amano le piante “perché aiutano a stare meglio”, oppure “perché proteggono da occhi indiscreti” oppure “perché sono parte fondamentale del mio spazio di rigenerazione”.

Sul fronte opposto troviamo i coltivatori umanizzatori, che invece riconosco alle piante come esseri viventi parte del nostro ecosistema. Le amano quindi per quelle che sono e non per quello che fanno. Per questi hobbisti il regno vegetale merita lo stesso rispetto di quello animale. Quindi le pianta di casa diventano “membri viventi della famiglia”, quasi al livello degli animali da compagnia. Rientrano in questa categoria gli appassionati che riconoscono alle piante la funzione vitale di connettere l’uomo alla natura.

I coltivatori funzionali: chi sono

I coltivatori funzionali sono molto attenti alla cura delle loro piante, ma come abbiamo visto l’obiettivo è il risultato. Tra di loro ci sono donne, generalmente over 50, anche la fascia degli uomini tra i 35 e i 45 anni è molto importante.

Le donne solitamente gestiscono terrazzi e giardini studiati in ogni dettaglio: il risultato è il frutto di una lunga esperienza. Per gli uomini il giardinaggio è una scoperta recente: hanno poche piante, di cui si prendono cura in modo metodico e, quando possibile, fanno ricorso all’automazione.

Per questi coltivatori l’aspetto esteriore della pianta è molto importante: essa è scelta in base a come si integra nell’ambiente che la ospita e al ruolo che svolge. Inoltre molti ammettono di scegliere coltivazioni poco impegnative: contrariamente agli umanizzatori, ai funzionali può capitare di dover trascurare le piante per alcuni periodi.

Non pensiamo che i coltivatori funzionali abbiamo come unico obiettivo la produzione dell’orto o il numero di pomodori. Il concetto di “utilità” coinvolge anche la gratificazione personale. Il beneficio risiede infatti anche nel piacere di dedicarsi alle piante, nel relax di cui si gode in giardino, ecc.

Il lock down è stato un’occasione per occuparsi del verde domestico in modo continuativo, soprattutto per gli uomini di questo segmento. Per alcuni questa è stata la porta di accesso a un mondo finora sconosciuto.

Nel curare le proprie piante sono attenti e metodici: si informano, raccolgono pareri da più fonti (dal web al vivaista) e raramente sperimentano, perché temono il fallimento. Si definiscono meticolosi, interessati, precisi, essenziali e quando reputano di aver raggiunto un buon risultato raramente aggiungono altre piante al giardino o terrazzo. Semmai ottimizzano gli sforzi e migliorano le prestazioni delle piante già presenti.

I coltivatori umanizzatori: il benessere della pianta è il mio benessere

Dai coltivatori umanizzatori nasce il neologismo plant parenting. Sono in prevalenza donne, di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Gli uomini, pure presenti, sono generalmente più giovani e hanno tra i 30 e i 40 anni. Tutti sono attenti all’ambiente, predisposti al riciclo e al riuso e tendono a evitare l’uso di antiparassitari e insetticidi.

Considerano scontato il fatto che prendersi cura di una pianta provochi emozioni e stati d’animo positivi. I coltivatori umanizzatori si prendono cura delle piante anzitutto per dare loro benessere, per “dare una mano alla natura”. Ed è da questo che ricavano soddisfazione: quindi il benessere della pianta stimola benessere nel proprietario.

Non considerano inappropriato il paragone con gli animali domestici e ritengono che la responsabilità della cura sia uguale. In questo caso il lock down non ha interferito con le abitudini degli umanizzatori.

Per questi coltivatori anche l’aspetto estetico è poco rilevante: una pianta è bella sempre, anche quando non ha fioriture appariscenti o addirittura quando è malandata. Spesso conservano e curano piante malate, che molti coltivatori funzionali butterebbero senza remore. Alcuni degli intervistati hanno dichiarato di acquistare piante nei supermercati con l’intento di salvarle, a causa dello stato di sofferenza in cui le trovano (“se non la compravo, moriva sicuramente”).

Nella coltivazione e nella cura delle proprie piante sperimentano e hanno una forte tendenza al “fai da te”: raccolgono e interrano le semenze delle verdure che acquistano, seminano o riproducono con diversi metodi piante spontanee che trovano fuori casa, anche quando non le conoscono. Si definiscono giardinieri curiosi, sperimentatori, ladri di semi, permissivi, premurosi e sono sempre pronti ad accogliere nuove piante.

Plant parenting: lo spazio a disposizione non è determinante per l’attitudine

Sebbene il possesso di un giardino, di un terrazzo o di un balcone identifichi bisogni diversi in termini di piante, arredi e metodi di cura, i profili sono trasversali: il fatto di essere umanizzatori o funzionali non è legato alla quantità di superficie coltivata.

Ciò che differenzia maggiormente chi possiede un terrazzo o un balcone coltivato, da chi si occupa di un giardino, sono invece gli inizi.

I possessori di terrazzi raccontano di un inizio casuale, dettato dalla situazione contingente, da eventi indipendenti dalla loro volontà. Per esempio hanno iniziato a coltivare piante dopo averne ricevute alcune in regalo o perché hanno trovato le fioriere predisposte nella nuova abitazione.

Chi invece ha un giardino racconta più spesso di un’eredità famigliare. Il giardino c’è sempre stato ed è un dato di fatto che ci si debba prendere cura di questo spazio.