Siamo ormai in tanti a credere che il verde ci salverà dal riscaldamento globale e dall’inquinamento urbano ed è bene che anche gli amministratori pubblici inizino a considerare gli alberi come un elemento strategico per la lotta al global warming e non un costo da manutenere.

Il verde ci salverà dal riscaldamento globale

Già nel 2018 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’agenzia dell’Onu considerata come il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, aveva rivelato il ruolo fondamentale degli alberi nella lotta al global warming.

Dopo aver preso in esame oltre 6.000 studi condotti in questi anni, realizzò lo studio “Special Report on Global Warming of 1,5°C” che prevedeva l’innalzamento di 1,5°C della temperatura media del pianeta rispetto all’era pre-industriale entro 11 anni, quindi il 2029. Ricordiamo che con l’1,5°C dovremo affrontare effetti devastanti sulle nostre abituali condizioni di vita, che diventeranno critici con un incremento di 2°C.

Lo studio di Ipcc sottolineava l’importanza di urgenti interventi governativi per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica (CO2) entro 10 anni, ma la definiva senza mezzi termini una “impresa erculea che richiede sforzi senza precedenti”. Gli sforzi sono legati sia al cambiamento di alcuni modelli di consumo, volti a premiare soluzioni che riducono l’emissione di CO2 in atmosfera, sia alle attività governative, anche sovrannazionali, in direzione dell’ecosostenibilità. Purtroppo nessuno dei due sta influendo in modo significativo e le emissioni di CO2 in atmosfera sono costante aumento. Un pessimismo che era già stato anticipato dallo studio scientifico del 2018: “È altamente probabile che, date le previsioni per le emissioni nel prossimo futuro e l’attuale impegno degli Stati, la temperatura della Terra aumenterà oltre il grado e mezzo”.

Le conseguenze

Ci rendiamo conto delle conseguenze soltanto quando assistiamo a fenomeni atmosferici del tutto nuovi. Come l’aumento delle tempeste, la scomparsa dei ghiacciai, le ondate di calore e le inondazioni, come quelle accadute pochi giorni fa in Germania. E siamo solo a un tasso medio di riscaldamento del pianeta di +1°C. Anche se è bene sapere che l’Italia ha già superato la soglia del +1°C nel 2011 e viaggiamo con tassi peggiori rispetto alla media del pianeta.

Il surriscaldamento del clima italiano ha già comportato meno piogge e più siccità, seguite da temporali brevi ma impetuosi. La siccità porta carenze idriche, come è successo a Roma nell’estate 2017 con il prosciugamento del lago di Bracciano. I nuovi fenomeni atmosferici sono addirittura entrati nel nostro linguaggio con nuovi neologismi. Come le “bombe d’acqua”, le “isole di calore” o i “medicane” (Mediterraneo + hurricane) per indicare i cicloni tropicali sempre più frequenti nel Mediterraneo. Fenomeni che provocano dissesti geologici, frane e alluvioni. L’Italia è il secondo paese europeo, dopo la Francia, per il numero di decessi dal 1980 a oggi a causa del dissesto geologico. E la situazione non è migliorata negli ultimi anni.

Il verde ci salverà dal riscaldamento: la “ri-forestazione”

Per mantenere il surriscaldamento sotto la soglia di pericolo è necessario eliminare le emissioni di gas serra, anzitutto la CO2. Sarebbe sufficiente ridurre l’anidride carbonica del 45% entro il 2030 (rispetto al 2010) e portarla a 0 entro il 2075. “Le emissioni – spiega il Report di Ipcc – devono diminuire rapidamente e perché succeda bisogna agire contemporaneamente su diversi settori: edilizia, industria, trasporti, produzione di energia, agricoltura, sfruttamento delle foreste e del terreno”.

Oltre a limitare le emissioni di CO2, possiamo ridurne la presenza in atmosfera aspirandola. La scienza è ancora agli albori ma esistono già una ventina di progetti in funzione, in particolare in Canada e negli Stati Uniti. Come la centrale di assorbimento della CO2 Kemper Project nello stato del Mississippi negli Usa.

Accanto alle centrali di assorbimento,abbiamo una alternativa più economica, con un minore impatto sul territorio e anche più gradevole da guardare. Cioè gli alberi che, attraverso la fotosintesi clorofilliana, assorbono ogni giorno grandi quantità di CO2 dall’atmosfera, donandoci in cambio prezioso ossigeno. Per questa ragione, il Report di Ipcc dedica un ampio spazio alla “ri-forestazione” e all’interruzione dell’abbattimento indiscriminato di alberi (capitolo C3.1). In particolare suggerisce di aumentare le foreste esistenti, entro il 2050, di circa 10 milioni di chilometri quadrati, poco meno l’estensione del Canada.

Il passaggio dall’effetto serra all’effetto selva (che Promogiardinaggio già nel 2010 giudicava indispensabile – leggi qui la notizia) deve diventare un obiettivo di ogni Nazione e programma di sviluppo e riforma.

Oltre all’assorbimento della CO2, una maggiore presenza di piante nei centri urbani porta anche altri riflessi positivi. Riduce l’inquinamento da polveri sottili, evita le isole di calore e in pratica migliora la salute pubblica; senza sottovalutare i benefici del paesaggio, non secondari in un paese che vive di turismo e di accoglienza.

www.ipcc.ch/report/sr15