Gli orti comunali o urbani sono dei terreni di proprietà delle pubbliche amministrazioni che vengono suddivisi in lotti e concessi temporaneamente in uso ai residenti, che avranno così la possibilità di coltivare il proprio orto e avere a disposizione uno spazio verde.
Un “patto sociale” tra il Comune e i cittadini, spesso concesso a titolo gratuito o con affitti simbolici, che offre notevoli vantaggi per entrambi:
- la riqualificazione di aree inutilizzate e abbandonate a sé stesse, che si trasformano in giardini curati e manutenuti regolarmente;
- incentivano l’aggregazione sociale. Da fenomeno tipicamente riservato alle persone anziane (spesso hanno un vantaggio nelle graduatorie di assegnazione) negli ultimi dieci anni gli orti urbani sono stati scoperti da tante giovani famiglie. Non è raro oggi trovare negli orti urbani una miscellanea di giovani e anziani, con notevoli vantaggi per la coesione sociale. Oltre all’età non va dimenticato anche lo scambio di culture diverse, con vantaggi per l’integrazione;
- creano nuove comunità, perché tutti gli “ortisti” (alcuni Comuni li chiamano così) concorrono insieme alla creazione di uno spazio comune accogliente e piacevole. Ciò porta spesso alla moltiplicazione dei momenti di convivialità, spesso aperti anche alla città;
- coltivare un orto significa fare movimento all’aria aperta: una pratica salutare per tutte le età;
- i frutti dell’orto sono coltivati senza l’uso di agrofarmaci e contribuiscono al mantenimento del buono stato di salute degli ortisti. Alcuni Comuni nei bandi vietano esplicitamente l’uso di alcuni o tutti gli agrofarmaci.
Quando nascono gli orti comunali
I primi esempi di orti condivisi risalgono all’Ottocento in Germania e Francia, mentre in Italia il fenomeno più noto sono gli “orti di guerra”, quando fu permesso di coltivare ogni spazio di terra pubblico per far fronte a eventuali carestie.
Pur essendo presente anche nel dopo guerra, il vero boom inizia verso la fine degli anni Novanta e trova uno sviluppo negli anni Duemila. Secondo uno studio di Coldiretti su dati del report Ambiente Urbano di Istat, dal 2012 al 2017 gli orti urbani sono aumentati del 36,4% con quasi 2 milioni di mq messi a disposizione delle famiglie.
“La crescita degli orti urbani in Italia – sottolinea Coldiretti – ha riguardato soprattutto il nord con l’Emilia Romagna che guida la classifica delle regioni urban farmers con il 37% di tutti gli orti pubblici a livello nazionale per oltre 704.000 mq, seguita dalla Lombardia con il 10,2% e più di 193.000 mq e dalla Toscana con il 9% e oltre 170.000 mq. Nella top five regionale entrano anche il Veneto con l’8,5% e 160.000 mq e il Piemonte con il 7,6% e quasi 144.000 mq. Fra le regioni del centro Italia la leadership spetta alle Marche con più di 104.000 mq, con alle spalle Umbria e Lazio. Mentre al sud la classifica è guidata dalla Campania rappresentata dagli oltre 116.000 mq di Napoli seguita da Sicilia, Sardegna e Calabria”.
Oggi sono molte le città impegnate su questo fronte e tutte le principali città dedicano una sezione del proprio sito agli orti comunali. È il caso di Bologna, Milano, Bergamo, Torino, Cagliari e Roma. Secondo l’ultimo report Ambiente Urbano di Istat con dati aggiornati al 2020 sono 81 i capoluoghi di provincia che offrono orti urbani (il 74%) e solo 29 non hanno programmi in questa direzione.
Come si ottiene un orto comunale
Trattandosi di attività comunali è bene rivolgersi al proprio Comune per verificare la disponibilità di orti pubblici condivisi e consultare i bandi per l’aggiudicazione.
Benché il regolamento di utilizzo sia pressoché simile in tutti i Comuni, ci possono essere delle differenze per le assegnazioni. In alcuni Comuni è gratuito mentre in altri prevede un piccolo costo di affitto. Così come possono avere dei vantaggi nelle graduatorie le persone anziane o le famiglie a basso reddito.
Naturalmente esistono regole comportamentali e, come dicevamo poco fa, spesso è vietato l’uso di antiparassitari o è limitato ai prodotti per cui non è richiesto il patentino.